Applicazione dei contributi genetici nella selezione canina

  • I contributi genetici furono formalizzati per la prima volta nel 1958 da James e McBride (Journal of Genetics) fornendo gli strumenti metodici per ottimizzare la gestione dei livelli di consanguineità e della perdita di variabilità genetica nel processo di selezione (JA Woolliams 1, P. Berg , BS Dagnachew , IL Meuwissen).

🖲 L’inbreeding ovvero l’accoppiamento tra parenti, viene utilizzato per fissare più velocemente con una efficace prepotenza genetica, alcuni caratteri che possono essere desiderati ma produce al tempo stesso progenie con più alleli omozigoti rispetto agli animali non consanguinei, e ciò aumenta il numero di alleli recessivi.
Questo processo noto come “depressione da consanguineità” produce anche effetti indesiderati spesso riconducibili a patologie, ridotto numero della prole, infertilità etc. ed è spesso associato a “performance” progressivamente e irrimediabilmente ridotte nelle generazioni successive.
L’entità della depressione da consanguineità dipende dal livello di consanguineità medio nell’animale e non direttamente ascrivibile a questo per effetto di un singolo accoppiamento.

  • Un obiettivo di allevamento (Breeding for Health) è rappresentato dalla trasmissione di caratteristiche uniformi, caratteristiche della razza, mantenendo livelli accettabili di consanguineità nel tempo cioè una sostenibilità dell’allevamento stesso attraverso la selezione mirata (Australasian Journal of Animal Sciences – Australasian Association of Animal Production Societies – AAAP).

✔️ La consanguineità nelle popolazioni di razza nella specie canina è frequente ed è spesso eccessiva proprio perché per effetto delle registrazioni del cane di razza a “libri chiusi”, ovvero con un numero finito di antenati e dove c’è selezione sviluppata senza linee guida significative.
È pertanto necessaria la gestione del tasso di consanguineità a livelli sostenibili per evitare gli effetti dannosi ad essa associata.
⚠️ In particolare nella specie canina, la teoria dei contributi genetici, dimostra la relazione fondamentale tra consanguineità e selezione, e implica che i soggetti più popolari (“most popular dog”) sono i principali contributori all’alto tasso di consanguineità, determinando un eccessiva perdita di diversità genetica.

  • È proprio l’esistenza, e la promozione di riproduttori popolari (“most popular dog”) ovvero di quei soggetti più titolati, attraverso valutazioni morfologiche (fenotipiche) e non secondo una tipizzazione genotipica, che risulta frequente ed evidente in tutte le razze, e che ha contribuito in modo esponenziale a questa condizione e al suo procrastinarsi nel tempo, essendo questi, utilizzati con maggiore frequenza nei piani di selezione (TW Lewis , BM Abhayaratne, SC Blott).
    🖲 È opportuno quindi chiarire cosa si intende scientificamente per variabilità genetica nella specie canina; essa è si la diversità biologica tra gli individui di una specie ed è determinata dalla diversità dei geni che compongono e costituiscono il “pool genetico”, espressione delle loro peculiarità; ma nel caso del cane di razza deve essere considerata all’interno delle razze stesse, per effetto dei Libri Genealogici “chiusi” che impedendo gli accoppiamenti al di fuori di essi, rappresentano tassonomicamente delle vere e proprie sottospecie. Tale necessaria variabilità, limitata inevitabilmente dai Libri Genealogici stessi, è invece comunemente ritenuta vantaggiosa per la sopravvivenza; essa descrive l’esistenza di molte versioni diverse di uno stesso organismo, ed è dovuta principalmente alle mutazioni e ai processi di ricombinazione genetica. Le mutazioni in particolare portano alla formazione di nuovi alleli; la ricombinazione li rimescola creando nuove combinazioni alleliche nelle generazioni successive, esercitando un effetto positivo sulla sopravvivenza della specie, in relazione alla sua adattabilità all’ambiente, alla resistenza alle malattie e alla sua efficienza riproduttiva.
  • Allora quali possono essere le strategie da adottare per monitorare e controllare la variabilità genetica della nostra razza e/o dei risultati prodotti nel nostro allevamento come effetto positivo prodotto dalla variabilità genetica nel miglioramento della prole proveniente dai nostri riproduttori ?
    ➡️ Sono possibili diversi sistemi scientifici applicativi ed utilizzabili in zootecnia:
    L’utilizzo del coefficiente AVK o ancestor loss coefficent, può essere di fondamentale utilità; indica quanto un “ancestor” è presente in un pedigree e si esprime in termini percentuali. Ovvero se gli “ancestors”, sono presenti una sola volta nel pedigree l’AVK sarà del 100% con una dispersione genica minima. È quindi IMPORTANTE, perché ci dice quanto questo antenato è presente nei pedigree e sopratutto quanto i caratteri recessivi vengono persi. In questo caso il calcolo su almeno 5 generazione e possibilmente oltre ed in sovrapposizione al DNA profilo SNP 225, consente un calcolo più accurato in relazione anche alla percentuale di eterozigosi.
    ⚠️ Il valore dell’AVK è importante nella selezione perché riflette la ricchezza del patrimonio genetico di un individuo.

🖲 Più alta è la percentuale di AVK, tanto più prezioso sarà il “pool” genetico, in termini di variabilità (più geni diversi presenti).
Tanto minore sarà la percentuale di AVK e maggiormente ci sarà impoverimento genetico.

  • Deve essere rigoroso il significato che deve avere per tutti i cinofili la valutazione ed il calcolo corretto (15 generazioni/DNA profile) del COI e di AVK e del loro rapporto infatti un COI alto e una bassa AVK, determinano un eccessiva riduzione della variabilità genetica, responsabile dell’emergenza di diversi problemi genetici nei programmi di selezione, in tutti i cani allevati e/o riprodotti.
    L’alta percentuale di COI contestualmente ad una basso valore percentuale di AVK è una “lampadina d’allarme”, rappresentando il rischio di essere portatore, in F1 e/o nelle generazioni successive di caratteristiche morfologiche positive, ma anche l’espressione di malattie ereditarie non sempre evidenti alla nascita, configurabili nella forma di vizi occulti.
  • Questo approccio alla selezione, “breeding for Health” non solo ha un riflesso positivo sui principi etici e deontologici che ogni allevatore dovrebbe o intenderebbe rispettare in questa direzione, ma risponde anche ai principi contenuti nella disciplina medico legale, rappresentando il prodotto dell’allevamento oggetto di compravendita nel rispetto dei contenuti delle norme che regolano il benessere animale, con i risvolti etico/giuridico sempre più attuali.

⚠️ La necessità di sviluppare strategie più concrete rispetto al divieto di accoppiamento tra fratelli pieni, dovrebbe essere prioritaria per i Kennel Club che gestiscono i Libri Genealogici del cane di razza, in aderenza alla conservazione della biodiversità e del benessere animale, fondamentali per la sostenibilità tecnica ed etica dell’allevamento canino.