Quando si parla di selezione nel cane di razza e si promuovono massivamente test genetici del commercio, bisogna considerare, per una corretta interpretazione della pratica della selezione e in relazione alla imprescindibile presenza di mutazioni deleterie nelle popolazioni canine che non possono essere escluse con accoppiamenti all’interno di Libri “chiusi” (Libri Genealogici), con alti valori di COI medi per razza. A conferma di ciò si osserva che i
cani di razza mista hanno maggiori probabilità di portare una o più delle nove mutazioni comuni che causano malattie nello stato eterozigote, mentre i cani di razza hanno maggiori probabilità di essere omozigoti per queste mutazioni.
E ciò in considerazione del fatto che lo sviluppo della razza è stato spesso ottenuto attraverso un’intensa selezione di tratti particolari al fine di “fissare il tipo” in un breve numero di generazioni, e diversi geni con grandi effetti su tratti come la dimensione del corpo, il tipo di mantello, la dimensione e la forma del muso e il comportamento hanno portato alla fissazione di questi caratteri in alcune razze.
Gli obiettivi di selezione sia dell’addomesticamento che dello sviluppo della razza sono raggiunti attraverso gli stessi meccanismi: un piccolo numero di individui fondatori, una popolazione riproduttiva in gran parte chiusa e l’uso estensivo di un piccolo numero di maschi come riproduttori e/o stalloni. Pertanto l’uso eccessivo di alcuni stalloni cosiddetti popolari (most popular dog) continua ancora oggi ed è ormai ritenuto convenzionalmente, da tutta la comunità scientifica come la causa e/o il risultato di una sempre maggiore diffusione di alleli recessivi mutanti. Tali meccanismi selettivi consentono alle mutazioni, per le quali non vi è alcuno svantaggio selettivo nello stato eterozigote, di aumentare rapidamente in frequenza nelle popolazioni,
sia sui geni in cui le varianti influenzano un tratto di interesse, sia tramite deriva genetica casuale, che è esacerbato da una piccola dimensione effettiva della popolazione. Pertanto le strategie per limitare l’incidenza di patologie di origine genetica non sono i test genetici, ma sono altre e riguardano il controllo dell’omozigosi media di razza, i test dovrebbero essere una verifica del lavoro di selezione eseguito a monte e non il contrario.
Il rischio è che il loro utilizzo precluda invece le reali strategie necessarie, procrastinando sempre più questa condizione, come avviene oggi, producendo nuove mutazioni per le quali saranno necessari nuovi test, alimentando sempre più il mercato dei test creando cani sempre più malati e una selezione sempre meno sostenibile. Condizione inevitabile per la commercializzazione di questi test ed in antitesi con le organizzazioni che hanno come obbiettivo, selezione, salute e benessere del cane di razza al fine della sua promozione e della sostenibilità del suo allevamento.
Photo: Anasarca in un Terrier Scozzese (from REPROVETgenetics ITALIA original archive and Log cases imagines for European Veterinary College of Animal Reproduction).